Grandi preoccupazione sulla mancanza di personale nelle scuole.
Come spiegato dal today, questa è una delle conseguenze dei tagli lineari ai ministeri previsti dalla legge di bilancio.
Protestano le opposizioni: “Valditara accetta supinamente mentre si occupa di voto in condotta e altre amenità”
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella ha firmato la Manovra 2025, che ora passa alle due aule del Parlamento che dovranno discuterla e votarla entro Natale.
Dal 28 ottobre – in leggero ritardo rispetto al calendario del governo Meloni – i 144 articoli della finanziaria passeranno in audizione nelle commissioni Bilancio, che potranno emendarli fino al 10 novembre.
Saranno tre i relatori di maggioranza: Ylenja Lucaselli (Fratelli d’Italia), Mauro D’Attis (Forza Italia) e Silvana Comaroli (Lega).
Come più volte annunciato dal ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, i vari ministeri (escluso quello della Sanità) subiranno tagli lineari dell’ordine di grandezza del 5 per cento.
Per quanto riguarda il ministero dell’Istruzione, guidato da Giuseppe Valditara, dal prossimo anno scolastico la dotazione organica complessiva dei docenti è ridotta di 5.660 posti dell’organico dell’autonomia.
E le dotazioni organiche del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata) subiranno una riduzione nel numero dei posti pari a 2.174 unità.
“La mannaia di Meloni e Giorgetti – tuona il capogruppo del Movimento 5 Stelle in commissione Cultura alla Camera, Antonio Caso – si abbatte senza pietà sulla scuola pubblica.
Il taglio di quasi 6.000 posti dell’organico dei docenti e di oltre duemila posti del personale Ata rappresenta l’ennesimo colpo letale inferto alla scuola, dopo il taglio di oltre settecento istituti con il ‘dimensionamento’ e la prospettiva di uno spaccamento del sistema scolastico nazionale con le autonomie.
In Parlamento e fuori ci batteremo con ogni forza contro questo scempio.
È veramente triste che una persona che riveste il ruolo di ministro dell’istruzione come Giuseppe Valditara accetti tutto questo in maniera supina.
Mentre è impegnato su voti in condotta e altre amenità, la scuola pubblica subisce l’ennesimo folle attacco”.
Sulla stessa linea il Partito Democratico: “Siamo molto preoccupati – spiega la responsabile nazionale Scuola del Nazareno, Irene Manzi – per il taglio agli organici della scuola previsto in legge di bilancio.
Altro che investimenti sull’istruzione e la tanto sbandierata valorizzazione del personale.
Solo tagli lineari scritti nero su bianco. L’avvio caotico di questo anno scolastico all’insegna di classi sempre più numerose e segreterie scolastiche oberate da impegni sempre più gravosi avrebbe imposto altre scelte.
È del tutto evidente che il governo, alla ricerca di voci su cui risparmiare, sia partito dal personale della scuola.
Una decisione vergognosa.
Peraltro, per il resto della manovra registriamo solo la presenza di un generico fondo sulla valorizzazione del merito di cui non si conosce la destinazione (e che già esisteva per volontà dei governi precedenti e del Partito democratico ma era stato azzerato dal governo Meloni) e l’estensione della carta docente ai precari che non è frutto della buona volontà di Valditara ma di una sentenza UE”.
E fa discutere una norma inserita nel Documento Programmatico di Bilancio (Dpb), che cambia la gestione dei fondi destinati ai servizi per l’infanzia, una modifica che potrebbe danneggiare le regioni del sud.
Secondo il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, gli Stati europei devono garantire che entro il 2030 il 33 per cento dei bambini di età compresa tra 0 e 3 anni abbia accesso a un posto in un asilo nido.
Con le modifiche introdotte dal Governo, le regole cambiano: il target del 33 per cento viene però calcolato su base nazionale, consentendo alle singole regioni di rendicontare solo il 15 per cento.
”È scandaloso il taglio degli obiettivi di copertura operato dal ministro delle finanze Giancarlo Giorgetti che penalizza le Regioni del Sud.
Il presidente Schifani si opponga a questa decisione”, tuona Adriano Rizza, segretario regionale della Flc Cgil Sicilia, che aggiunge: “Attualmente in Sicilia il tasso di copertura è del 13 per cento a fronte di una media nazionale del 31 per cento.
Sono scelte di carattere politico ed economico che non condividiamo, perché è evidente che questo governo non ha la benché minima idea dell’importanza del sistema educativo da 0 a 6 anni.
Il governo regionale non può restare ancora una volta in silenzio, piegandosi ai diktat che arrivano da Roma e condannare, ancora una volta, le famiglie siciliane ad una condizione di emarginazione che ormai incide su troppi settori”.