TRIBUNALE DI MELFI, PARLA L’AVVOCATO DI CIOMMO: “IL MIGLIORE E CE L’HANNO CHIUSO, NON MI RASSEGNO”

La soppressione del Tribunale di Melfi è una ferita aperta per la comunità non solo melfitana ma per tutto il Vulture-Melfese.

La riforma del sistema giudiziario voluta dall’allora Governo Monti, nata nell’ottica di un risparmio della spesa e della ottimizzazione dei servizi, prevedeva l’accorpamento di diversi tribunali “minori” a quelli più grandi.

A finire nel mirino anche il nostro Palazzo di Giustizia che si è visto cancellare una storia giudiziaria e sociale di oltre un secolo con conseguente trasferimento di beni e persone verso il capoluogo lucano.

A nulla sono valsi gli incontri politici e le proteste per far comprendere l’importanza strategica del Tribunale di Melfi. L’ultima azione è stata il ricorso presso la Corte di Giustizia Europea: 31 comuni italiani, tra cui Melfi, hanno lanciato il loro grido all’Europa.

L’avvocato Gerardo Di Ciommo è un combattente della prima ora a difesa del nostro Tribunale. Anche dopo la soppressione non si è dato per vinto.

Avvocato Di Ciommo, il ricorso alla Corte di Giustizia Europea sembra essere l’ultima spiaggia.

“La Corte per definizione deve tutelare e garantire il diritto di tutti i cittadini europei. Ritengo che ci sia stata una violazione consistente del diritto che bisogna ripristinare. In questo senso si muove la decisione dei Comuni italiani, tra cui Melfi, di presentare il ricorso e chiedere la riapertura del Tribunale”.

Quanto è valsa la logica del risparmio e della riorganizzazione geografica dei tribunali italiani?

“Non c’è stato alcun criterio logico nell’applicazione di questa riforma. Melfi non doveva essere privata di un servizio essenziale come il tribunale. E non lo dico da cittadino legato ad un suo punto di riferimento ma da avvocato conoscitore del territorio e dei risultati”.

La allora ministra Cancellieri dichiarò che la riforma era stata fatta secondo quanto richiesto dall’Europa.

“L’Unione Europea parlava di risparmio e di ottimizzazione, non di violazione dei diritti umani e di rallentamento della macchina giudiziaria”.

Quindi il Palazzo di Giustizia di Melfi aveva tutte le carte in regola per non essere chiuso?

“Il Tribunale di Melfi ha prodotto dati sorprendenti che tuttavia la politica di Roma non ha saputo leggere. Ad esempio i processi penali in provincia di Potenza si sono tenuti solo nella nostra città e questo ci dice quanto fosse importante mantenere aperto il presidio. Una realtà di confine con la Puglia e la Campania, un bacino di utenza di oltre 100.000 abitanti, un’area industriale tra le più importanti d’Europa: questo è il territorio dove ha operato il Tribunale di Melfi, chiuderlo è stato davvero incomprensibile e soprattutto controproducente, sia in termini di ricaduta sociale ed economica, sia in termini giudiziari”.

Dunque un bene sociale indiscutibile e anche a livello economico le cose non sono andate per il meglio.

“Chi ha voluto la riforma ha parlato di un risparmio della spesa ma anche questo è stato disatteso provocando enormi danni sui tempi della giustizia. Il Tribunale di Melfi aveva la capacità di concludere processi civili in 2 anni circa, Potenza in 6 anni. Con l’accorpamento vi lascio immaginare le conseguenze. Tra l’altro Potenza soffre di una crisi di organico, mancano i magistrati. Questo significa ottimizzare il sistema giudiziario? E cosa devono dire le numerose comunità del Vulture-Melfese che impiegano due ore (se tutto va bene) per raggiungere il Tribunale del capoluogo? Le spese per mantenere la struttura di Melfi si aggirano ai 200.000 euro, la stessa cifra serve per trasferire imputati, carte e altre personalità da Melfi a Potenza dove si svolgono i processi. Dopo 3 anni dall’approvazione della riforma bisognava fare una verifica sul suo funzionamento ma non è mai stata fatta”.

Il Tribunale di Lagonegro però non è stato chiuso e a rimetterci è stato anche quello di Sala Consilina.

“Se confrontiamo la storia del nostro Tribunale con quello di Lagonegro vediamo come il nostro ha avuto un numero assai maggiore di processi, un numero maggiore di magistrati, una serie di processi penali che a Lagonegro non si sono mai svolti. Oltre naturalmente all’importanza strategica del nostro territorio che, senza nulla togliere a Lagonegro, ha una storia assai diversa. Eppure quel Tribunale non solo non è stato soppresso ma ha inglobato quello di Sala Consilina che si trova in Campania. Altro che ridisegnare la geografia giudiziaria: c’è stata una ridefinizione dei confini di una regione con conseguente confusione sulle competenze”.

Cosa possiamo aspettarci dalla Corte di Giustizia Europea?

“I tempi sono lunghi e assai variabili. Ci sono inoltre tutta una serie di casi singoli da analizzare in quanto ogni tribunale ha una sua storia. È un ricorso complicato ma come comunità abbiamo il diritto e il dovere di utilizzare tutti gli strumenti necessari affinché ci venga restituito un bene essenziale. Per me è una ragione di vita e difenderò fino alla fine il Tribunale di Melfi”.