Sono passati esattamente 14 anni dalla strage di Nassiriya, il più grave attacco alle truppe italiane dalla fine della Seconda guerra mondiale a oggi.
Diciannove morti italiani, tra civili e militari, e 9 morti iracheni.
Oggi, in questo triste anniversario, la ferita è ancora aperta, soprattutto per chi nell’attacco del 12 Novembre 2003 perse un padre o un figlio, un marito, un fratello, un amico.
Con la strage di Nassirya la Basilicata ha perso il sottotenente Filippo Merlino.
Filippo Merlino era nato a Sant’Arcangelo il 25 Febbraio 1957, era entrato nei carabinieri a soli 17 anni.
Maresciallo Maggiore comandava la stazione dei Carabinieri a Viadana (Mantova).
Era sposato con Alessandra Savio e padre di un bambino di 13 anni, Fabio affetto da una rara e grave malattia muscolare.
Innamorato del suo lavoro, partecipò a numerose missioni all’estero, distinguendosi sempre per il suo alto senso del dovere e la sua indiscussa professionalità, che gli fecero meritare diversi riconoscimenti.
Ricevette infatti molte medaglie d’oro e d’argento per i suoi meriti nelle missioni umanitarie: nel 1994 in Macedonia e in Kosovo, nel 1999 in Albania, nel 2000 e nel 2002 in Bosnia e di nuovo in Kosovo.
Si dedicava a queste missioni con grande slancio perché voleva aiutare chi viveva nella disperazione della guerra.
Nel 1996 fu nominato responsabile della sicurezza dell’Ambasciata italiana a Mosca, dove rimase per un anno.
Il 17 Luglio 2003 partì per la missione umanitaria in Iraq, denominata “Antica Babilonia”.
Il contingente italiano di cui Merlino faceva parte aveva posto il proprio quartier generale a Nassiryia a 375 km a sud di Bagdad.
A Nassiriya, quel maledetto 12 Novembre di 14 anni fa, erano le 10:40 e Carabinieri e militari dell’esercito di stanza alla base “Maestrale” avevano già iniziato a pieni ritmi un’altra giornata in Iraq, teatro operativo della missione Antica Babilonia, che aveva come unico scopo quello di contribuire alla rinascita dell’Iraq, favorendo la sicurezza del popolo iracheno e lo sviluppo della nazione.
I militari, dunque, si apprestavano a iniziare una nuova giornata durante la quale, probabilmente, le attività principali che avrebbero svolto sarebbero state quelle di ricostruzione, di aiuto alla popolazione, soprattutto per quanto riguarda l‘approvvigionamento di cibo e di acqua, di mantenimento dell’ordine pubblico e, non meno importante, di addestramento della nuova polizia locale, affrancata da corruzione e servilismo nei confronti del regime dittatoriale iracheno di Saddam Hussein.
Attività che avrebbero dovuto svolgere, dunque, ma alle quali non riuscirono nemmeno a dare inizio.
Un camion cisterna pieno di esplosivo, infatti, guidato da 2 kamikaze, scoppiò davanti alla base militare italiana.
Il bilancio fu devastante: 28 morti, di cui 19 italiani, e ben 58 feriti.
Le successive inchieste hanno stabilito che il camion cisterna conteneva tra i 150 e i 300 kg di tritolo mescolato a liquido infiammabile.
Una quantità di miscela esplosiva in grado di fare una vera e propria strage, e così è stato.
Il Maresciallo Merlino sarà sempre ricordato come un soldato valoroso e altruista che amava la sua divisa ed era fiero di indossarla ma anche come un eroe, marito e padre eccezionale che ha lavorato sempre per la sua patria e per la sua famiglia.